L’apprendimento in azienda: gli ingredienti per le storie di domani*

La digitalizzazione dei processi aziendali si sta rivelando un formidabile acceleratore non solo nel modo di maneggiare e trasformare “le molecole” (manifattura, logistica) e “i bit” (flussi di informazioni), ma anche nell’influenzare l’evoluzione del “patrimonio neuronale” delle imprese.

L’innovazione è destinata a intersecare i processi di apprendimento in una doppia direzione: da un lato le imprese sempre più stanno investendo su un apprendimento che alimenti i processi di innovazione, dall’altro la digitalizzazione applicata all’apprendimento di persone, team e organizzazioni sta trasformando i modi di pensare e gestire l’impresa.

Il “learning” ai tempi della digitalizzazione può essere osservato utilmente in una prospettiva narrativa, che ha il pregio di arricchire di senso (individuale) e di significato (collettivo) l’esperienza di persone e gruppi che apprendono in modo nuovo. Com’è noto le storie, come la vita organizzativa, sono popolate di personaggi, valori, sfide, ostacoli da superare. In una logica in cui c’è sempre un “prima” e un “dopo”, e in mezzo un “viaggio” di cambiamento profondo.

Vogliamo quindi leggere i nuovi trend dell’apprendimento nel mondo del business attraverso alcune parole chiave che rappresentano altrettanti ingredienti delle storie ben riuscite, secondo un modello ispirato dall’antropologo Carlo Tullio Altan. I trend si nutrono anche del recente report annuale Deloitte Human Capital Trends 2019, indagine globale (ha coinvolto 10.000 Business e HR Leaders in 119 paesi) sulle direttrici di cambiamento delle organizzazioni valutate sui risultati economici, i servizi e prodotti offerti, la sostenibilità, l’ingaggio di persone e clienti, l’interazione con la comunità.
Il “learning” rappresenta per i rispondenti il driver più urgente e importante nella trasformazione delle imprese, anche per la travolgente pervasività della digitalizzazione, che invoca la presenza di competenze per immaginare, comprendere, gestire i processi.
Il primo ingrediente delle storie, Topos, è riconducibile ai luoghi e al territorio. I luoghi delle nuove storie di apprendimento sono sempre più spesso una combinazione di contesti fisici, come il luogo di lavoro e l’aula, con “non luoghi” come le piattaforme per l’apprendimento. Il passaggio a strumenti evoluti, come le Learning Experience Platforms che si cominciano a vedere anche in aziende del nostro territorio, consente di ospitare dialoghi e scambi in una logica “social” che rende più caldi questi contesti. Cambiano invece i confini del territorio: i processi di open innovation e la creazione di “ecosistemi” di prodotto-servizio (ad esempio per prodotti connessi), rendono sempre più necessario un apprendimento inter-organizzativo per progettare e gestire insieme il valore sostanziale.

Le storie sono fatte anche di Epos, fattore connesso alla “memoria storica”. L’apprendimento che genera valore nelle organizzazioni si confronta in modo duplice e complesso con la memoria. Da un lato si sperimentano sempre più spesso processi di formazione intenzionale volta esplicitamente a trasferire “memoria rilevante” a livello inter-generazionale. Dall’altro, una delle sfide più significative per la competitività delle imprese è la capacità di dis-apprendere: routines e mindset che hanno funzionato in passato sono oggi inefficaci e fuorvianti.

Il terzo elemento, Chronos, tocca la dimensione del tempo. Le storie delle persone e dei gruppi che apprendono vedranno sempre più spesso un’integrazione tra il tempo del lavoro, individuale e di team, e il tempo dell’apprendimento. La dimensione cronologica c’entra anche con popolazioni anagraficamente diverse in azienda, in quello che può leggersi anche in termini quasi “interculturali”, dal punto di vista degli stili di apprendimento, che si collegano ad un trend di offerta sempre più personalizzata di “contesti” in cui imparare. Un recente articolo del Financial Times richiama ad esempio la “Customization-Generation”, quella dei millennial abituata ad una fruizione di contenuti multi-canale scelti in modo autonomo. Le occasioni di apprendimento per queste fasce di popolazione organizzativa dovranno potersi organizzare come una sorta di playlist, con una forte personalizzazione di tempi, media e contenuti.

La dimensione normativa dell’Ethos, si riconduce nel report ad un idealtipo di impresa “sociale”, intesa come realtà “profit” ma sistematicamente orientata ad includere i collaboratori e la comunità nella generazione e condivisione di valore. In un mondo in cui si la tecnologia cambia i mestieri e le persone vivono carriere multi-organizzative, “le organizzazioni hanno non solo l’opportunità, ma anche la responsabilità di reinventare il “learning” per integrarlo non solo nel flusso di lavoro, ma nel percorso di vita delle persone”.
Traguardate attraverso queste quattro prospettive, persone e organizzazioni coinvolte nell’apprendimento sono quindi trama e ordito di un tessuto narrativo che sembra configurarsi come sempre più fitto, colorato e “plurimo”.

*Articolo Pubblicato su Venezie Post

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