Il senso di un viaggio

Il senso di un viaggio interessante si ridefinisce continuamente durante il percorso. Il viaggio che ho concluso con la discussione della tesi della Scuola triennale di consulenza al ruolo di Ariele ha questa fisionomia.

Un pensiero solido
E’ un master triennale al quale mi sono iscritto soprattutto per il suo focus sullo sviluppo organizzativo, tema che mi appassiona dai tempi dell’Università. Ho scelto lo sguardo “profondo” di Ariele, l’Associazione Italiana di Psicosocioanalisi che da tanti anni ha costruito un pensiero originale, ma in raccordo culturale con il Tavistock Institute of Human Relations di Londra, a partire dal fondatore Luigi Pagliarani.
Seguendo questo percorso ho potuto beneficiare del pensiero di fondatori come Giuseppe Varchetta, Dario Forti, Franco Natili, Pino Pollina, Carla Weber e tanti altri soci che hanno contribuito a definire un approccio ricco e coerente ai fenomeni organizzativi.

Il Counselling
La scoperta più sorprendente in questo viaggio è stata il counselling. Dopo un master in Coaching conseguito qualche anno fa, ho sperimentato quanto il counselling possa aggiungere profondità e tridimensionalità al dialogo con il cliente. Nel coaching il focus prevalente è sul “come” voglio raggiungere un certo obiettivo, con il counselling si aggiunge un focus relativo alla definizione stessa dell’obiettivo, o al suo “senso”, ad esempio in un percorso di evoluzione del ruolo. Ho compreso la forza del counselling non solo per averlo affrontato in termini metodologici, ma soprattutto perchè ho potuto “allenarmi” in aula con i colleghi e poi sul campo, con decine di colloqui con manager e professional di realtà diverse e interessanti.

La tesi sulle Corporate Academy
L’ultima grande tappa del percorso è stata la tesi, che ho focalizzato sull’evoluzione delle Corporate Academy. La scelta dell’argomento nasce da un’antica passione per i processi di apprendimento (e per le esperienze di formazione che si collocano al servizio dell’apprendimento). In oltre vent’anni di attività professionale nell’ambito della formazione manageriale e del management dell’innovazione ho cercato di scandagliare tutti i possibili livelli di apprendimento che si possono giocare nella realtà quotidiana dell’organizzazione, nella dimensione individuale, di team e organizzativa.
Uno degli elementi di fascinazione delle corporate Academy deriva da questa possibilità di rappresentare un punto di incontro tra un livello micro (di cura di dimensioni interpersonali, di setting gruppali, di processi di formazione in senso stretto) e una dimensione macro, istituzionale, in grado di dare stabilità, continuità e rilevanza ai processi di apprendimento individuale e organizzativo.
Ho sempre voluto superare l’idea di fermarmi a ciò che è visibile e tangibile nell’apprendimento agito nelle organizzazioni, consapevole, con Antoine De Saint Exupéry, che l’essenziale è invisibile agli occhi.
Dopo aver contribuito in termini professionali a progettare e far nascere alcune Corporate Academy ho trovato tre nuove lenti con cui osservare la “tridimensionalità” di queste unità organizzative, a partire dall’evoluzione del concetto di sensemaking e di enactment, sempre più attuali nella prospettiva della complessità, oltre che nel concetto di riconoscimento organizzativo. Nel cercare l’essenziale, ho avuto la possibilità di partire da un’esperienza concreta, effettuando un “carotaggio” in un interessante progetto della Corporate Academy di una multinazionale svizzera che ha stabilimenti tra Lombardia e Veneto, grazie alla gentile disponibilità del management. Ho osservato un’esperienza di team building a beneficio di un gruppo impegnato in un viaggio ricco e complesso, con l’obiettivo di testare il funzionamento di queste lenti sulla base di quello che ho visto e compreso.
Le interviste agli esperti
Ho avuto “guide” autorevoli e gentili che ho potuto intervistare per arricchire la tesi di ulteriori voci: Salvatore Garbellano, che ha dato solidità al concetto di Corporate Academy a livello nazionale con i suoi numerosi lavori di ricerca sul tema; Fabio Noferini, manager dalla sensibilità pragmatica e umanistica che mi ha descritto le sue plurime esperienze nelle Academy di importanti aziende; Giorgio Pivetta, camparista e filosofo avvezzo a maneggiare utensili concettuali raffinati, che ho incontrato agevolmente sul terreno di interesse comune costituito dal Sensemaking.

Alla fine del viaggio, in queste ultime settimane ho messo a fuoco la coloritura dell’essenziale che andavo cercando: in questi tre anni ho sondato tutto ciò che attraverso la formazione, il counseling, la facilitazione e la progettualità degli attori organizzativi ha il tono cromatico del cambiamento di persone e di organizzazioni. Al termine di questo lungo allenamento a guardare e a generare cambiamento, posso dire che il viaggio mi ha insegnato questo: l’essenziale è invisibile agli occhi ma (in qualche misura) si può “sentire” e com-prendere.

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